Quando si parla del clima e dei cambiamenti climatici si pensa sempre a qualcosa che avviene in atmosfera, perché si parla di temperatura media ed estremi di temperatura dell’aria – come le ondate di calore – di precipitazioni medie, ma anche di fenomeni come la siccità (mancanza di precipitazioni dal cielo) oppure eventi estremi di piogge violente. Ma ciò che avviene nell’aria è influenzato fortemente da quanto accade e cambia in altri “elementi”: l’acqua del mare, il suolo con la sua eventuale vegetazione, fino ai ghiacci, che possono essere a galla sul mare (come quelli del Polo Nord) o presenti sui territori montuosi, sull’Antartide e sulla Groenlandia. Insomma, parlare di clima vuol dire dover considerare tutti questi “elementi”.
Studiare e insegnare il clima e i suoi cambiamenti significa quindi parlare di un sistema complesso. E qui viene il problema vero: noi non siamo abituati a trattare coi sistemi complessi né tanto meno a scuola siamo soliti alfabetizzare alla complessità. Ma se non conosciamo questi sistemi non riusciamo a prevedere il risultato delle nostre azioni. E ciò porta a combinare guai!
«Insegnare la complessità? Non è facile!» mi dicono tanti insegnanti che hanno già i loro bei problemi a far familiarizzare i propri studenti con il mondo lineare della fisica classica, dai principi di Newton alle leggi di Maxwell. Eppure, per il cittadino di domani è essenziale alfabetizzarsi alla complessità perché ne siamo circondati: non solo il clima, ma anche l’economia globalizzata o internet, e tanto altro. Ancora una volta, se non sappiamo interagire con questi sistemi rischiamo di combinare guai.
Anche nei laboratori di fisica delle scuole, siamo abituati ad avere un perfetto controllo delle situazioni che studiamo in sistemi semplici. Se sto verificando la seconda legge di Newton, imprimo una forza e il risultato è l’accelerazione di un oggetto (causa-effetto). Posso anche imprimere forze multiple, addirittura in direzioni diverse, e, usando la regola del parallelogramma, calcolare l’effetto finale. Ma il concetto fondamentale è che il risultato finale è completamente determinato dalle cause a monte e non va a cambiare le cause stesse: si parla di “causalità lineare”.
© Giorgio Pasini (iStock)
Nei sistemi complessi, invece, si parla di “causalità circolare”: si parte da una causa che crea una catena di effetti e l’effetto finale diventa a sua volta una causa per la causa da cui tutto è cominciato. La “causa prima” verrà quindi modificata. Si parla di retroazione o feedback. Se non si conoscono queste catene, si rischia di fermarsi al primo effetto e di non capire che cosa questa “causa prima” crei veramente.
Sembra un discorso molto astratto, ma possiamo fare un esempio reale, che lo renda subito comprensibile. Si pensi alle conseguenze del riscaldamento globale recente sui ghiacci del pianeta. In questo caso la “causa prima” è il riscaldamento dell’aria. Noi sappiamo che ciò è dovuto alle nostre emissioni di gas a effetto serra, ma per il momento sorvoliamo su questo. Se l’aria si riscalda, una certa quantità di ghiacci fonderà. Attenzione: “fonderà” e non “si scioglierà”, perché qui si tratta di un passaggio di stato – la fusione da acqua solida ad acqua liquida – mentre lo scioglimento è un fenomeno fisico diverso, quello dello zucchero che si scioglie nel caffè. In ogni caso, a questo punto, dove prima c’era una superficie bianca che rifletteva all’indietro la quasi totalità di luce ed energia che arrivava dal Sole, non riscaldandosi sostanzialmente, adesso ci sarà una superficie scura (il suolo o il mare) che assorbe buona parte dell’energia proveniente dal nostro astro, si riscalda e a sua volta riscalda l’aria sovrastante. Ecco, quindi, che l’effetto della fusione dei ghiacci tende a far aumentare ancora di più la temperatura dell’aria, che a sua volta genererà nuove fusioni di ghiacci e così via, in un circolo vizioso. Questo è un perfetto esempio del fatto che, se ci fermiamo al primo effetto, non comprendiamo la vera portata dell’aumento di temperatura dell’aria (e quindi delle nostre azioni che lo creano).
Insomma, anche iniziando da nozioni elementari come queste, si possono alfabetizzare i giovani alla complessità, con cui avranno a che fare sempre più nel loro futuro.
Antonello Pasini
Antonello Pasini, tra gli scienziati del clima più ascoltati d’Italia, è fisico climatologo del CNR e docente di Fisica del clima all’Università di Roma Tre, ha pubblicato numerosi articoli scientifici su riviste internazionali. È anche un attivo divulgatore: nel 2016 il suo blog “Il Kyoto fisso” ha vinto il Premio nazionale di divulgazione scientifica. Tra i suoi libri si ricordano Effetto serra, effetto guerra (ChiareLettere 2017) scritto a quattro mani con Grammenos Mastrojeni, e L’equazione dei disastri (Codice edizioni 2020).