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Tornare in classe

Intervista a Dacia Maraini – scrittrice

Tempo di lettura stimato: 4 minuti
13 Gennaio 2024
13 Gennaio 2024

Dacia Maraini, può raccontarci un ricordo, un evento, un insegnante che ha segnato la sua formazione scolastica?

Certo, ne ho tanti di ricordi. La scuola era più disciplinata e rigorosa, ma nello stesso tempo più repressiva. Gli insegnanti a volte erano chiusi in una mentalità arcaica, a volte moderni e aperti. Ho avuto un professore di italiano che se ne fregava: leggeva il giornale mentre ci costringeva a fare i compiti in classe, non si interessava minimamente agli studenti e appena poteva scappava di classe a gambe levate. Invece, ricordo un professore di filosofia alla scuola Garibaldi di Palermo, il professor Ghera, che mi ha fatto amare i grandi pensatori e la bellezza della riflessione e della logica. E anche un professore di matematica che mi ha tolto la paura di una materia che ritenevo nemica, facendomi capire quanto sia presente nel pensiero e nella scrittura, ma soprattutto della poesia e nella musica.

Negli anni in cui di solito si frequentano le elementari lei era in Giappone, con la sua famiglia, dove fu internata in un campo di concentramento. Come fu quella sua prima formazione?

Nel libro appena uscito, Vita mia, racconto nei dettagli la vita del campo giapponese. Per quanto riguarda la formazione direi che sia stata drastica e terribile: dovevo imparare a sopravvivere alla fame, alle bombe, ai parassiti, alle malattie, alle minacce delle guardie. Dopo una simile esperienza o si diventa nemici del mondo o si impara una certa serenità, filtrata dolorosamente attraverso le maglie della riflessione e dell’amore per la vita.

Tornata in Italia, iniziò a frequentare la scuola a Palermo, con le classi separate per maschi e femmine. Come visse questa imposizione?

Non la capivo. Era stata abituata in Giappone a fare i bagni caldi delle terme tutti nudi senza problemi. Ricordo invece che una volta, a scuola, avendo fretta, sono scesa dalla scala dei maschi e il preside mi ha fatto chiamare per una ramanzina. Non c’erano maschi quando ero scesa io, la scala era vuota, ma il preside mi ha rimproverato lo stesso facendomi promettere che non l’avrei più fatto.

Ricorda uno o più compagni di scuola che sono stati o sono ancora importanti nella sua vita?

Più di una. Ma in particolare, la mia compagna di banco a Palermo, Bice Pasqualino, a cui ho voluto bene e con cui siamo rimaste amiche.

Se lo ha fatto, in che modo la scuola ha contribuito a farle intraprendere la strada di scrittrice?

La scuola non c’entra. Io vengo da una famiglia in cui la scrittura era molto presente: la mia bisnonna, Cornelia Berkeley, scriveva libri per bambini, mia nonna scriveva libri di viaggio, mio padre, antropologo, ha sempre scritto. I libri in casa mia erano un valore, e ho cominciato prestissimo a leggere e scrivere piccole poesie e racconti. A tredici anni ho cominciato a pubblicare sul giornale della scuola e poi ho sempre continuato.

In diverse occasioni ha avuto modo di incontrare gli studenti di oggi. Cosa crede che abbiano in più rispetto ai suoi tempi? E cosa gli manca?

Rispetto ai miei tempi i ragazzi di oggi hanno più libertà, più autonomia. E anche più strumenti di conoscenza a portata di mano. Manca invece il senso della sacralità della scuola, la pratica del rispetto verso gli insegnanti e il riconoscimento pubblico dell’importanza dell’apprendimento.

Nel 2021 ha scritto La scuola ci salverà: quali sfide deve affrontare la scuola per salvarci?

La scuola deve ritrovare la fiducia in sé stessa, la passione per l’apprendimento, che è alla base della consapevolezza e quindi della responsabilità.

Se ne avesse la possibilità: c’è una materia che vorrebbe introdurre nella scuola?

Sì, reintrodurrei l’educazione civica e una nuova materia: l’insegnamento alla cultura delle relazioni umane.

di Luca Indemini

©ElenaTernovaja

Dacia Maraini

Autrice di romanzi, poesia, opere teatrali e saggistica, Dacia Maraini è tra le più conosciute scrittrici italiane nel mondo. Tra i numerosi riconoscimenti che ha ricevuto per le sue opere, il Premio Campiello nel 1990 per il romanzo La lunga vita di Marianna Ucrìa e il premio Strega nel 1999 per il romanzo Buio. È stata più volte indicata come possibile vincitrice del premio Nobel per la Letteratura.