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Tornare in classe

Intervista a Paolo Giordano – scrittore

Tempo di lettura stimato: 5 minuti
19 Settembre 2024
19 Settembre 2024

Può raccontarci un ricordo, un evento, un insegnante che ha segnato la sua formazione?

Ho degli ottimi ricordi di tanti insegnanti, ma una maestra che già allora capivo essere davvero eccezionale è stata quella delle elementari, Maria Grazia: sapeva trasmettere fantasia e creatività. In quinta inventò una materia, “studi sociali”, in cui una volta alla settimana ci raccontava personaggi come Nelson Mandela o Rigoberta Menchú, ci ha fatto leggere Ragazzo negro di Richard Wright (1954), ci parlava di Resistenza e diritti umani. E poi, sempre in quinta, ci ha fatto scrivere un libro collettivo di classe e per la fine dell’anno ci ha fatto mettere in scena uno spettacolo teatrale. E io mi tuffavo letteralmente in quei progetti. Al liceo, la docente di latino del biennio, la professoressa Buroni, che per prima ha promosso i concorsi di scrittura nella scuola, che per me hanno rappresentato i primi momenti in cui mi sono cimentato sul serio a scrivere. Inoltre, era appassionata di musica classica e opera, ci ha portato molte volte al Teatro Regio di Torino, organizzava incontri con critici musicali. Siamo rimasti in contatto e anni dopo la fine del liceo siamo ancora andati all’opera assieme.

Ricorda uno o più compagni di scuola che sono stati o sono ancora importanti nella sua vita?

Ho mantenuto i contatti con moltissimi compagni, soprattutto del liceo. Non ce n’è qualcuno in particolare, anche se, fatto curioso, ho una compagna con cui ho fatto elementari, medie e superiori e poi, ai tempi dell’università, abitavamo nello stesso palazzo. E tutto era cominciato con una mia cotta non corrisposta.

C’è stato un momento, durante il liceo, in cui è scattata la decisione di iscriversi a Fisica?

Sicuramente c’è stata la professoressa di matematica e fisica, preparata, implacabile e dedita alla causa: in quinta liceo ci fece avvicinare alla meccanica quantistica. In un certo senso lei ha curvato la mia traiettoria verso la fisica. E in negativo, ha contribuito anche l’insegnate di filosofia: sembrava non aver voglia di fare lezione, spiegava poche volte, pur essendo molto bravo in quelle occasioni. Io ero attratto dalla filosofia, e un giorno l’ho placcato e gli ho detto che avrei voluto studiare filosofia. Rispose con un lapidario «Lasci perdere». E anche questo ha contribuito a buttarmi nelle braccia della fisica.

Rispetto a quella che ha frequentato lei, come vede la scuola di oggi? Quali sono le sfide più importanti che si trova ad affrontare?

 

Credo che oggi sia tutto molto più difficile e faticoso. Se ripenso alle mie scuole, mi sembra un Eden in parte perduto. Oggi la società è più complessa, il tessuto sociale è più problematico e non mi sembra che la scuola sia stata messa come priorità nella società e questo l’ha indebolita di risorse, ma anche di slancio. Inoltre, oggi la scuola deve misurarsi con ragazzi immersi in un mondo tecnologico, e le sfide da affrontare sono molto complesse.

Ma le tecnologie possono essere anche delle alleate della scuola?

 

Mi sembra ci sia un grande sforzo per inserire la tecnologia in classe. Però, forse abbiamo messo troppo l’accento sulla tecnologia e poco sul ridiscutere i paradigmi dell’insegnamento in epoca tecnologica. Non basta imparare a usare le tecnologie, bisogna ragionare sui modi di interagire nel mondo digitale, sono necessari ripensamenti profondi sulle modalità di trasmissione del sapere. E sarebbe importante che questo non fosse solo un dibattito interno alla scuola, ma dovrebbe coinvolgere tutti.

Se ne avesse la possibilità, ci sarebbe una materia che vorrebbe introdurre nella scuola di oggi?

 

Sicuramente la materia della mia maestra delle elementari: studi sociali, che offra uno sguardo sulle marginalità e sui progressi sociali dell’umanità. Sarebbe molto utile per acquisire gli strumenti necessari a comprendere il mondo complesso in cui viviamo. E, sempre nella stessa direzione, sarebbero utili percorsi dedicati ad approfondire il tema dell’informazione e delle fake news, per avere strumenti necessari a orientarsi.
di Luca Indemini

©Pierluca Esposito

Paolo Giordano

Paolo Giordano, dottore di ricerca in Fisica, è tra gli scrittori italiani più tradotti al mondo. Con il suo esordio letterario La solitudine dei numeri primi (Mondadori 2008) ha vinto il Premio Strega e il Premio Campiello Opera Prima, e tra gli altri suoi titoli ci sono Il corpo umano (Mondadori 2012), Il nero e l’argento (Einaudi 2014), Divorare il cielo (Einaudi 2018), e il più recente Tasmania (Einaudi 2022). Ha pubblicato anche i saggi Nel contagio (Einaudi 2020), Le cose che non voglio dimenticare (Einaudi 2021) e i testi teatrali Galois e Fine pena: ora. Collabora con il “Corriere della Sera”.